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Garùa (Pioviggina-1943)

Letra di Enrique Cadicamo
Musica di Anibal Troilo

Che notte piena di astio e di freddo!
Il vento porta uno strano lamento.
La notte sembra un pozzo di ombre;
ed io cammino lentamente tra le ombre.
nel frattempo pioviggina
e sento le sue spine nel mio cuore...
In questa notte tanto fredda e tanto mia,
pensando sempre la stessa cosa, sprofondo
anche se vorrei strapparla,
rifiutarla e dimenticarla,
la ricordo ancor di più....

Pioviggina...
Solo e triste sul marciapiede
va questo cuore affranto,
come una casa abbandonata...
Sentendo il tuo gelo,
perchè quella con il suo oblio
oggi le ha aperto una ferita ...
Perduto
come un folletto che nell'ombra
più la cerca e più la nomina...
Pioviggina....
Tristezza...
Perfino il cielo si è messo a piangere! .

Che notte piena di astio e di freddo!
Non si vede nessuno all'angolo.
sulla strada, la fila di luci
lustra l'asfalto con una luce morente.

E io sono come uno scarto,
sempre solo,
sempre in disparte,
ricordandoti.
Le gocce cadono nella pozzanghera della mia anima;
fino alle ossa inzuppato e gelato.
E umiliando questo tormento

il vento passa ancora
trascinandomi..... .

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Antonietta Mazzei La parola "garùa" è legata a diverse culture e civiltà (spagnola , americana , indigena, alla società rurale , al tango , al lunfardo)e viene solitamente tradotta con "pioggerella". Anibal Troilo compose Garùa nel 1943, nel retrobottega del Cabaret Tibidabo (Avenida Corrientes) ed Enrique Cadìcamo scrisse il testo. Troilo lo incise per la casa discografica Victor con il suo cantante Francisco Fiorentino (4 agosto 1943).In seguito vennero eseguite altre versioni di grande valore artistico: un'orchestra di Pedro Laurenz lo registrò con Alberto Podestà per la casa discografica Odeon (6 agosto) e Mercedes Simone con l'orchestra Tipica Victor lo incise per la casa discografica Victor (8 settembre). Nel 1944 Carmen del Morale lo registrò con l'orchestra di Porfirio Diaz per la Victor cilena. Sin da una prima lettura risulta alquanto evidente il ruolo particolare che la natura assume all'interno di questo tango in cui il tema (tipico) dell'amore perduto,della donna traditrice, viene affrontato con una compenetrazione quasi totale e molto dannunziana tra la natura ed il protagonista.

C'è una sorta di panteismo naturalistico in cui la natura non solo partecipa al dolore del protagonista, ma essa stessa vive un disagio molto umano: la notte, paragonata ad un pozzo d'ombre tra cui si aggira il poeta stesso è piena di astio, il vento porta uno strano lamento, il cielo si mette a piangere, infine di nuovo il vento, che spinge quell'ombra tra le ombre. Lentamente e per alcuni istanti però scompare per identificarsi completamente con il suo dolore e quindi con il suo cuore che soffre (le gocce diventano spine). Si arriva dunque al momento cruciale: il cuore viene colpito dalle spine della pioggia perchè lei lo ha ferito (con il suo oblio) aprendo uno squarcio che ospita soltanto il freddo.

Quel buco divenuto pozzanghera è tanto profondo da penetrare nello spirito come nelle ossa così da travolgere e sconvolgere interamente il poeta. Laddove però in D'Annunzio la partecipazione panteistica della natura è per lo più grandiosa, lucente, lussureggiante (si pensi a La pioggia nel pineto), in questo caso, invece, l'autore utilizza una serie di immagini molto forti, grigie, oscure, malinconiche e tetre che creano un'atmosfera differente: i verbi strappare e rifiutare, la casa abbandonata e la pozzanghera, la solitudine della strada con le sue luci morenti, il poeta che si paragona ad uno scarto. Così come in D'Annunzio la natura ne potenzia l'esaltazione, qui la natura accentua lo stato fortemente depressivo dell'autore.

In effetti nella poesia citata , D'Annunzio ha accanto la sua donna ; nel nostro tango la donna (come quasi sempre accade) non è presente e, ancora peggio, ha dimenticato il suo uomo. Dunque in un testo la pioggia è omaggio della natura che vivifica l'esperienza erotica; nell'altro il grigiore spirituale ed esistenziale diventa nuvola e quindi pioggia. Infine,come in un circolo vizioso, essa ritorna da dove è arrivata,nell'anima del poeta.

 
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