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di Massimo Di Marco
Dossier - Forever Gavito
Conversazione con Walter Gavito |
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Walter Gavito a Milano nel febbraio
del 2005
fra l'insegnante-coreografa Susana Miller e
l'insegnante scrittrice-danzatrice-coreografa
Monica Fumagalli.
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Walter Gavito arriva a Milano sotto la pioggia noiosa
dell'ultimo giovedì d'ottobre e nel primo pomeriggio
di martedì saliamo assieme la scaletta che raggiunge
il mansardino del Caffè Aperol, uno dei non tanti che,
come una volta a Buenos Aires, si affacciano su due
strade, da una parte Via San Prospero, dall'altra Piazza
Cordusio. La pioggia si è allungata anche sui primi
giorni di novembre, non ci sono molti ombrelli in giro,
i tram sono quasi vuoti, grappoli di turisti. Dietro
il caffè c'è il Piccolo Teatro dove la cultura milanese
si è rannicchiata tanti anni fa, fra Goldoni e Beckett.
Eduardo ha ballato su
quel palcoscenico e Walter era andato a vederlo. Forse
era il 1973, chissà. Avrà ballato con Mirta. Dunque
Eduardo (per noi è Carlos ma per los Gavito conta il
suo primo nome, Eduardo) poteva avere 31 anni e Walter,
primo di quattro fratelli e due sorelle, 38.
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I ricordi sono
lontani, un po' sfumati, ma non troppo. Eduardo ha
chiuso gli occhi quattro mesi fa.
- Sapevamo che questa cosa sarebbe successa, lo
sapevamo da cinque anni. Gira il cucchiaino nella
tazza della camomilla più di una volta con lo sguardo
fissato in qualcosa, forse un pensiero. Mi accorgo
che sto guardando le sue mani come guardavo i piedi
d'Eduardo durante un tango. Walter è uno scultore.
Un grande scultore, mi diceva Eduardo.
- Non è il caso, uno scultore e basta. Viene
in Europa e a Milano da tanti anni, le sue opere sono
esposte al Museo Pagani d'Arte Moderna di Castellanza,
una trentina di chilometri con l'autostrada.
Una volta a Castellanza c'era anche
una milonga, si chiamava Felicia. Gli piace
lavorare il bronzo ma un po' anche il marmo, disegna.
Le sue mani scivolano tra l'arte figurativa e non
figurativa, modellano luci, vigori, espressioni. Mentre
parla, se chiudo gli occhi, riascolto Eduardo. Le
parole non sono le stesse ma possiedono lo stesso
suono, sono uguali anche i piccoli silenzi, gli atteggiamenti,
le accelerazioni, gli accenti. Forse nelle sue idee
c'è più riflessione. In Eduardo la si notava meno
perché l'oggetto di qualsiasi pensiero non era che
il tango. O la donna, ma la donna che balla il tango.
Massimo, tu
volevi bene a Eduardo e io sono venuto a conoscerti.
Il cucchiaino continua a girare nella tazza.
Mi ci vuole proprio la camomilla, mi tranquillizza.
La morte d'Eduardo è stata per tutti noi una cosa
terribile, io sono stato male, sono caduto per la
strada mentre camminavo, sono svenuto.
- Chi è stato Eduardo per te?
Un uomo buono...
- Ma poi?
Voi tutti conoscete il vostro Gavito del tango,
non potrebbe essere diversamente. Io...posso dire
che Eduardo amava tantissimo la musica lirica. Un
Natale gli ho regalato le videocassette di Carmen
e lui si è commosso, era felice. Mi ha raccontato
che quando è andato a San Pietroburgo si è incantato
davanti ad un quadro, all'Hermitage. Lo guardava tanto
affascinato da escludersi dal mondo e l'emozione lo
faceva piangere. Una persona lo ha avvicinato, gli
ha chiesto se avesse bisogno di qualcosa, era impressionata.
No, no, grazie. E' questo quadro... è così bello!
- Tutta la vostra grande famiglia è sempre stata prossima
all'arte, tu con la scultura, un altro con la pittura,
qualcuno con la musica. Sembra quasi che Eduardo abbia
trovato il tango per caso...
Lo penso anch'io, la sua forte sensibilità, la
sua spinta artistica è maturata nel ballo piuttosto
che in un'altra direzione perché ballava sempre. Io
l'ho visto ballare anche il rock, sembrava elettrico.
Poi il tango lo ha totalmente travolto.
- Tu non sei mai stato coinvolto?
Ascolta: il tango non mi piace!
- No?!
Cioè, potrebbe anche piacermi ma non posso sentire
parlare di tango dalla mattina alla sera.
- Non hai mai fatto qualcosa del tango con la scultura?
Qualche disegno. Beh, anche due opere in bronzo.
Una non so più dove sia finita, l'altra mi era stata
chiesta a New York e ne ho fatte tre copie, almeno
una sarebbe recuperabile.
Come Eduardo anche Walter Gavito è nato a La Plata
dove ha anche studiato alla Scuola Superiore di Belle
Arti dell'Università. Nel 1959 ha ottenuto il titolo
di professore di scultura e disegno. Ha collezionato
decine di premi, in Italia le sue opere sono esposte
anche al Museo Dantesco di Ravenna e al Museo Arte
Sacra dei Contemporanei di Milano. Ha sposato Dora,
moglie, segretaria, assistente, interprete. Conosce
benissimo l'italiano perché l'ha studiato a Buenos
Aires alla Dante Alighieri. Ha quattro figli e undici
nipoti, qualcuno si è indirizzato verso la danza classica.
- E verso il
tango?
Una nipotina. Ma così, quando ha un po' di tempo.
- Eduardo è stato il suo maestro?
Poco, poco. Chi lo vedeva mai a Buenos Aires? Per
vedere quello che faceva dovevo mettermi in viaggio
anch'io, una volta in Egitto, un'altra in Sudafrica,
un'altra a Parigi. E' stato quando ballava nel ristorante
della Torre Eiffel. Ballava con Mirta, simpaticissima.
Eduardo mi mandava con Mirta a vedere il Louvre, è
stato interessante e divertente.
- E anche Eduardo veniva a vederti?
Sì, è capitato. Ma subito cominciava col tango
e allora ci dividevamo. Tornava magari dopo un anno,
anche di più. Quella era la sua vita, partire e ripartire.
Era una specie di movimento meccanico, aveva sempre
una valigia pronta nell'armadio. Guarda che non è
un modo di dire, era proprio vero.
- Ma perché partiva sempre?
Secondo me voleva sempre rivivere l'emozione di
iniziare una cosa nuova. Insomma, come con le donne.
- Si stufava?
Beh...Mirta gli ha voluto sicuramente molto bene,
erano perfetti quando ballavano, Mirta sembrava una
gamba di Eduardo. Erano anche felici, però è arrivata
Helen.
- E dopo è nata Evita...
Helen è una donna stupenda, è bella. Anche Evita
è bellissima, eppure neanche una figlia è riuscito
a fermarlo, Eduardo era così...
- Helen gli è stata vicina sino all'ultimo respiro,
si amavano...
Sì, sicuramente si volevano bene. Io non so cosa
sia successo, un giorno ho saputo che era in giro
per il mondo e che adesso ballava con Marcelita. Ma
ballava, non c'era nessuna storia. Io ho conosciuto
molto bene il marito di Marcelita, quello che ha inventato
Forever Tango, voglio dire Luis Bravo. Uomo elegante,
fine, musicista. Un uomo con idee geniali per lo spettacolo,
una grande persona.
- Eduardo e Mirta, Eduardo e Helen, Eduardo e Marcelita,
Eduardo e Maria...
Per favore...no, per favore, non farmi nessuna
domanda. A parte che Marcelita l'ho appena vista due
volte e non più di due volte ho visto Maria. Sono
sicuro che ognuna di loro sia stata la migliore ballerina
di Eduardo in un certo momento, forse quando i sentimenti
di Eduardo toccavano la vetta, Per poi cominciare
a modificarsi, per stanchezza o per la voglia di allontanarsi
dal presente. Eduardo aveva la necessità di rinnovare
la sua vita in continuazione
- Cosa diceva?
Poche parole: io parto. Parole felici, che davano
l'idea di uno stato d'animo nuovo. Gli poteva succedere
magari di sentirsi in una trappola. Un grande tanguero,
il maestro, le allieve, le donne che andavano a cercarlo
in tutte le milonghe con la speranza di ballare un
tango con lui. Magari nasceva una relazione. E poi
non sapeva più come liberarsene. Anzi, lo sapeva.
Lasciava Buenos Aires, andava via.
La camomilla è finita e la luce di Milano si sta
lentamente spegnendo. Walter si fermerà una decina
di giorni, qualcosa meno. Deve incontrare molte persone
alla Fondazione Pagani, cerca una fornace perché a
Buenos Aires ce ne sono soltanto due, in Italia venti.
Sta preparando qualcosa, ne parla e non ne parla,
è un progetto...
- Una donna?
E' possibile, forse.
- Tu le fondi nel bronzo, Eduardo le fondeva in un
tango...
Due modi diversi di credere alla bellezza. Per
me è una forma d'arte, per Eduardo chissà. Dovremmo
anche uscire dai luoghi comuni, un uomo tanto pubblico
finisce per portare qualche maschera. Se guardiamo
dall'altra parte...
- Ecco, chi c'è?
L'anima di un artista, un creatore.
- Il tango è musica, è la voce, un'emozione infinita...
Se un uomo trova la sua felicità nella musica vuol
dire che ha un grande cuore...
Lasciamo il mansardino, usciamo sul marciapiede.
E' un momento di tristezza. La strada è trafitta di
luci. Dal cielo lacrime di pioggia.
(2005)
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Dossier
Gavito |
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DOSSIER - FOREVER GAVITO:
2. Conversazione con
Walter Gavito |
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Bailarines, l'unica opera (bronzo)
che Walter Gavito ha dedicato al tango
e che possiede ancora
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Diana
(bronzo)
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La fuente
(dettaglio, bronzo)
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Muchacha Joven
(bronzo)
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