Tra la scuola
e le bambole non gli restava poi troppo tempo per
giocare. Alla domenica gli piaceva andare al cinema.
In teoria poteva scegliere tra il Villa Crespo, il
Cine Teatro Rivoli o il Cine Teatro Mirne. Ma finiva
per andare sempre al Villa Crespo perché qui
gli facevano distribuire tra il pubblico i programmi
del mese e poi lo pagavano con un biglietto d’ingresso.
In certe domeniche usciva con la mamma. Doña
Fanny aveva una cara amica, la Señora Zucker:
mamma di Marquitos e a sua volta molto amica della
Señora Berta Gardes che aveva conosciuto sulla
nave del viaggio a Buenos Aires. Trascinandosi dietro
Marquitos e Poroto, che avevano la stessa età,
puntavano su una casa al 735 di Jean Jaurés.
Non c’era il campanello e non c’era neanche
il nome. Una delle due mamme bussava, poi le signore
cominciavano a raccontarsela mentre Poroto e Marquitos
restavano in strada a giocare. Qualche volta li raggiungeva
il figlio, un ragazzone molto più grande di
loro che suonava, cantava ed era già diventato
Carlos Gardel.
Finità
l’età dei giochi, Moisés Isidoro
Smolarchik Brenner, ha cominciato a pensare al suo
futuro. Gli piaceva sempre scrivere poesie, ascoltare
canzoni o musica, si sentiva attratto dalle persone
importanti, era un simpatico. Frequentando la biblioteca
di Calle Camargo era diventato molto amico del proprietario,
Leopoldo Marechal, destinato a diventare un grande
della letteratura argentina. In altre circostanze
ha fatto amicizia con Raúl Soldi, un famoso
pittore che un giorno gli racconterà: «
Lo sai che quando tu vendevi i programmi al cinema
di Villa Crespo io andavo lì al mattino a spazzare
il pavimento? ».E poi con Jaime Yankelevich
che faceva i primi passi a Radio Belgrano. Poi è
diventato il direttore e poi ha introdotto la televisione
in Argentina.
Nel 1937 va a
fare il soldato nel Regimiento de Patricios. Il capitano
ha imparato a conoscerlo e gli chiede di tradurre
in castellano i testi di due canti di Natale: Silent
Night di Franz Gruber e Jingle bells di James Pierpont.
Nascono così Noche de paz e Repican las campanas
che le chiese di Buenos Aires adotteranno felici.
Il destino di Moisés Isidoro Smolarchik Brenner
comincia a delinearsi. Gli piace tradurre i testi
delle canzoni in castellano e gli piace scrivere le
parole dei boleros, quelle canzoni al miele e un po’
strappalacrime (romantiche, insomma) nate a Cuba e
poi dilagate nel Centroamerica, addirittura esplose
in Messico. Diventa amico dei grandi cantanti del
genere, Gregorio Barrios, Leo Marini, Hugo Romani,
Pedro Vargas: messicano, il più celebre.
La sua vita ha
ormai riferimenti precisi. Tutte le più popolari
canzoni del mondo ripassano sotto la sua penna. Non
gli viene mai naturale una traduzione letterale del
testo ma ha un amico che lo sostiene: «Non
aver paura, non è così importante una
traduzione letterale quanto un testo nel quale gli
argentini si possano riconoscere». L’amico
è qualcuno che se ne intende, si tratta di
Jorge Luis Borges. Non è davvero un dramma
se Strawberry Fields Forever, dei Beatles, nella versione
castellana diventa Frutillitas, Fragoline.
Alle traduzioni si
unisce una vera e propria attività creativa.
Non ha mai perso la sua vena poetica, le canzoni gli
vengono facilmente e sono buone canzoni se nel 1942
Paul Misraki giunge a Buenos Aires e gli propone di
scriverne una per musicarla e confezionarla nel suo
nuovo disco. La risposta assomiglia ad una fuga:
«Non posso immaginare
che qualcuno canti una mia canzone, se mi permette
ne parlo ad un amico che sta a Parigi, molto bravo,
un certo Ben Molar». Paul Misraki riceve il
testo, lo trova molto bello e stabilisce con l’autore
una collaborazione che andrà avanti tre anni.
Fin quando c’è un colpo di scena. Moisés
Isidoro Smolarschik Brenner incontra un caro amico,
il cantante Gregorio Barrios. Gli fa leggere la strofa
di una nuova canzone di Ben Molar. Gli chiede cosa
ne pensa. L’amico un po’ ride e un po’
fa l’arrabbiato:
- Adesso ho capito tutto, siete voi Ben Molar
!
Non l’ha mai negato e da quel momento è
uscito allo scoperto, aveva inventato se stesso. Presto
ha moltiplicato la sua attività. E’ diventato
manager, impresario ed editore. Ha preso a frequentare
l’ambiente del teatro e del cinema. Una sera
gli capita di trovarsi al ristorante con un’attrice,
Pola Newman. Parlano un po’ di tutto. L’attrice
vuol sapere come mai non si sia ancora sposato o almeno
fidanzato. Ben Molar risponde così:
- Lo farò, capiterà anche a me,
ma sicuramente non mi metterò mai con una cantante
o con un’attrice, sono sempre di tutti.
E poco tempo dopo Pola Newman è diventata
sua moglie, la vita è così imprevedibile!
Tra Ben Molar (pseudonimo trovato tra gli antichi
nomi ebraici) e la musica romantica o il jazz c’era
un rapporto consolidato. Ma con il tango?
Diceva di non saperlo ballare, così
come non cantava perché non ne era capace.
Si sa che era conosciuto nell’ambiente del tango
perché frequentava alcuni famosi musicisti.
Ed anche i cantanti, tipo Azucena Maizani con la quale
una notte aveva ricamato qualche passo in un bar.
Un tango intero sembra l’abbia ballato con Maria
del Carmen, la ballerina-moglie del grande Cachafaz.
Forse ballava di nascosto, chissà. Un giorno
ha ballato il tip-tap alla televisione, quando era
ancora in bianco e nero. Insomma di certo sapeva muoversi.
La sua cultura tanguera, appresa dai libri e dal vivo,
veniva spesso verificata dal suo amico Borges che
andava a trovarlo per ascoltare assieme una milonga.
Poi andavano a spasso per Buenos Aires. Era una medicina
poiché il medico gli aveva prescritto una passeggiata
di almeno due chilometri al giorno. Ben Molar lo accompagnava
e strada facendo gli raccontava il tango: «Qui
ha vissuto Tita Morello a quindici anni, qui Troilo,
qui Pedro Laurenz…». Conosceva perfettamente
le stesse radici del tango e anche l’incrocio
tra il tango e il lunfardo.
Un grande amico di Ben Molar era
anche Julio De Caro. L’11 dicembre del 1965
è invitato a casa sua, tra Callao e Guido,
per festeggiare i suoi 66 anni. Scende in strada ad
aspettare il taxi e all’improvviso pensa a questa
strana coincidenza: l’11 dicembre è anche
il giorno in cui è nato Carlos Gardel. Gardel
è la «Voce», Julio de Caro è
la «Musica». Allora ce n’è
abbastanza per dire che l’11 dicembre è
«el Dia del Tango».
L’idea gli piace troppo. Pochi giorni dopo
incontra Ricardo Freixà che è il Segretario
alla Cultura della Municipalità di Buenos Aires
e gli presenta la proposta. Freixà non sembra
contrario ma gli chiede che la proposta venga sostenuta
dalle istituzioni del tango: enti, società,
associazioni. Nessun problema. Ben Molar raccoglie
le adesioni e gli consegna l’elenco richiesto.
L’idea
è approvata da tutti:
Accademia Porteña del Lunfardo
Argentores (Argentine General Society of Authors)
Asociación Amigos de la Calle Corrientes
Asociación Argentina de Actores
Casa del Teatro
Fundación Banco Mercantil
La Gardeliana
Radio Rivadavia Sadaic (Sociedad Argentina de Autores
y Compositores de Musica)
Sade (Sociedad Argentina de Escritores )de Artistas
de Variedades
Sindacato Argentino de Musicos
Unión Argentina
L’elenco dovrebbe
essere sufficiente poiché comprende l’intero
mondo creativo del tango e persino i simpatizzanti.
Però Ricardo Freixà dorme. Non c’è
giorno che Ben Molar non lo solleciti di persona,
con una telefonata o una lettera. E’ così
per 11 anni. Dal 1966 la scena si sposta nell’inverno
del 1977. Mancano poche settimane all’11 dicembre
e Ben Molar chiede a Ricardo Freixà un nuovo
incontro. E’ decisivo. Gli dice che è
l’ultima volta e che l’11 dicembre organizzerà
un grande Festival del Tango al Luna Park e lì
proclamerà El Dia del Tango davanti alle televisioni
e ai giornali.
Il Luna Park
è il tempio del pugilato e il gestore è
una specie di mito, si chiama Tito Lectoure, conosciuto
in tutto il mondo come Tito e basta. Ben Molar gli
spiega quello che vuole fare.
- Sì, è una bella cosa. Ma secondo
me qui arrivano al massimo tremila persone, è
poco.
- Invece secondo me lo riempiamo.
La discussione continua ma poi la decisione è
presa: ok, rischiamo.
Il Luna Park tiene da 12 a 15 mila persone. Dipende
da un mucchio di cose: se hanno il cappotto, se hanno
l’ombrello, se si stringono, se le poltrone
per i Vip sono tante o poche. Feixà aveva letto
tra le righe nell’ultimatum di Ben Molar qualcosa
che lo avrebbe messo in pericolo. Tipo «Guarda
che io questa inutile agonia di undici anni te la
faccio pagare…». Pensa che sia molto meglio
evitare. Il 29 novembre dice a Ben Molar di raggiungerlo
nel suo ufficio. Quando arriva gli racconta che non
è mai stata colpa sua e che questa volta ha
picchiato i pugni sul tavolo e ce l’ha fatta.
L’11 dicembre viene proclamato Dia del Tango
con il decreto numero 5830/77 della Municipalità
di Buenos Aires. Il successo del Festival è
strepitoso. Sono schierate le orchestre più
celebri, i cantanti più famosi, i migliori
ballerini. Allo spettacolo assistono 14.500 persone
che festeggiano i 78 anni di Julio De Caro.
A questo punto Ben Molar vuole qualcosa di più:
non gli basta El Dia del Tango, adesso vuole El
Dia Nacional del Tango. In questo modo vuole
evitare che ogni città o ogni provincia proclami
una data diversa dall’altra, un po’ come
già stava succedendo per la Festa della
Mamma.
Ne parla al dottor Raúl Alberto Casal, Segretario
di Stato della Cultura de la Nacion. Le cose vanno
bene, benissimo. Il dottor Casal gli chiede di organizzare
uno spettacolo di tango al Teatro Cervantes. Ben Molar
accetta ma in cambio vuole il decreto. Lo spettacolo,
simile a quello del Luna Park, avviene il 23 dicembre.
Ad un certo punto si accendono tutte le luci e Ben
Molar proclama al microfono che l’11 dicembre
è el Dia Nacional del Tango,
lo ha dichiarato il Governo con il decreto n°
3781/77 del 19 dicembre. Aleluja!
Ben Molar può
collocare questa grande vittoria accanto a quella
del 17 novembre del 1966 quando è apparso sul
mercato un disco senza precedenti: per la prima volta
al mondo un disco con 14 pezzi anziché i soliti
12, considerato un limite tecnico da tutte le Case
del ramo. Il titolo sembrava una stranezza, 14
con il Tango. In realtà si trattava di
un monumento all’arte, entrato a vele spiegate
nella cultura argentina.
Lasciamo il Luna Park e torniamo indietro, è
un altro tuffo tra il 1965 e il 1966 quando a Buenos
Aires il tango tocca i suoi minimi storici. E’
schiacciato da una specie di censura, i giovani sono
orientati verso altre forme musicali (soprattutto
il rock) e i non giovani disertano le sale da ballo
per non apparire antichi. Le Compagnie discografiche
finanziano le emittenti radiofoniche affinché
trasmettano la musica americana, la RCA distrugge
addirittura le matrici dei dischi di tango ritenendolo
ormai finito. Poi se ne pentirà ma intanto
è così. Radio Colonia è rimasta
sola a trasmettere tanghi, qualche orchestra si è
sciolta, qualche tanguero ha cambiato le sue notti.
In questa desolazione generale due amici – riecco
Ben Molar e Borges- pensano ad una crociata per risuscitare
il tango dal torpore che ha spento tutto il suo mondo.
Borges dice:
- Non è un’impresa impossibile, ogni
argentino è un tango anche se non lo sa…
Ben Molar ha un’idea forte. Il tango non è
il rock, dentro di sé rivive ogni giorno la
storia di Buenos Aires degli ultimi novant’anni.
Il tango deve rinascere in tutta la sua dignità
e la madre questa volta sarà l’arte.
Questo è il pensiero con il quale si rivolge
prima a 14 poeti, poi a 14 musicisti, infine a 14
pittori: saranno 42 artisti a restituire al tango
la sua vita. Tutti sono d’accordo, i giornali,
la radio, la televisione cominciano a parlare del
progetto. I dischi di tango riappaiono nei negozi,
le milonghe riaprono. Adesso Ben Molar deve riuscire
a produrre un disco con 14 tanghi. Ma come si fa,
e poi perché proprio 14?
- Perché quattordici sono i versi di un
sonetto…
Ha voluto che persino il numero della rinascita non
fosse casuale ma preso dalla struttura tecnica di
una poesia. E per risolvere il problema del disco
indaga in tutta Buenos Aires, trova il miglior tecnico
del ramo: si mettono a pensare ed a lavorare in un
laboratorio fin quando ne escono con la soluzione.Si
può fare.
C’è un ultimo problema. Anibal Troilo
che è abbinato a Ernesto Sabato non ha ancora
scritto la sua musica e non c’è più
tempo. Troilo sta suonando al Relieve, un ristorante
tra Florida e Diagonal. Prenota un tavolo per due
e ci va con il poeta. A metà serata prende
in disparte Troilo per un attimo
- Se non mi consegni il tango che spero tu abbia
già scritto perdo il turno e la Casa discografica
mi farà aspettare un anno…
- Non l’ho scritto…
- Ma io non ci credo…
- Si, mi dispiace…
- Tutto il mio progetto va in fumo, volevo un disco
con quattordici pezzi, non tredici..
- E poi – dice Sabato – come si può
pensare che manchi proprio il tango di Troilo?
- D’accordo, non l’ho scritto ma non
ho detto che non lo scriverò - Ma quando? -
Dopo… Verso le due Troilo ha finito di suonare.
- Io vado a casa, venite con me
Sull’angolo di Belgrano 1600 c’è
un bar che non chiude mai. Ben Molar ed Ernesto Sabato
si siedono ad un tavolino e cominciano bere un caffé
dopo l’altro per stare svegli. Alle sei Troilo
entra con in mano il nuovo tango, si chiama Alejandra.
Ha l’aria piuttosto mortificata
- Scusate il ritardo…
Ben Molar qualche ora dopo è in sala di registrazione
dove l’orchestra, riunita rapidamente, sta aspettando.
Il disco esce il 17 novembre ed è l’evento
più scoppiettante del 1966. Tutti tornano a
ballare, le scuole di tango riaprono. Borges e Ben
Molar si incontrano e fanno un brindisi. Borges con
il mate, Ben Molar con il the versato in un bicchiere
con dentro tre cubetti di ghiaccio, il suo whisky
preferito…
Dopo la resurrezione del tango e la proclamazione
dell’11 dicembre Ben Molar ha una nuova idea:
grande. Propone che lungo l’Avenida Corrientes
e ai suoi incroci, le famose esquinas, venga posata
una targa a ricordo di un personaggio del tango, non
necessariamente scomparso.
- Ricordiamo chi è salito in Cielo ma non
dimentichiamo chi è vivo ed è vicino
al nostro cuore…
L’Asociación Amigos de la Calle Corrientes
è l’organizzazione che si occupa delle
targhe. Sono placche in bronzo 80 x 50. La prima viene
posta il 7 luglio 1979 all’altezza del numero
922, è la casa dove ha vissuto per 40 anni.
Adesso ce ne sono quaranta ma non sono sole perché
altre associazioni, banche, istituzioni di ogni tipo
hanno pensato di partecipare con targhe, iscrizioni,
monoliti. Corrientes è diventato il libro del
tango, ormai quasi ogni casa è una pagina.
Ben Molar ha 93 anni, il suo studio in Montevideo
è un museo del tango. Come si entra si passa
attraverso i busti in bronzo di Borges e di Sabato,
alle pareti c’è tutta una tappezzeria
di spartiti, pagine strappate dalle riviste, fotografie,
copertine, ritagli di giornale. E’ il mito di
Buenos Aires, custode di tutti gli altri miti che
hanno creato il tango.
Il Conventillo de la Paloma non è
più abitato da tempo. Nel 1929 Alberto Vaccarezza
l’ha portato sul palcoscenico con un lavoro
teatrale che ha avuto come protagonista Libertad Lamarque,
cantante e attrice. Mille rappresentazioni, oltre
tre anni di un successo inarrestabile che ha poi originato
un film, uscito nel 1936.
Qualche tempo fa era apparsa sui giornali la notizia
che il Conventillo sarebbe stato demolito ma questa
intenzione è sbollita in fretta. Anzi, non
sarà mai demolito perché la Municipalità
di Buenos Aires l’ha proclamato Monumento della
Città.
Che colpo di scena, come mai questo ripensamento ?
Ben Molar guarda la vita di Buenos Aires che scorre
davanti alle finestre del suo studio. Sorride sotto
i suoi baffetti, gli occhi pieni di luce, lo sguardo
di un uomo buono, geniale, artista.
( mdm-
Dicembre 2008)